VITAMINA D: LE CREME SOLARI NE LIMITANO LA PRODUZIONE?

crema solare vitamina D

La vitamina D è un pro-ormone liposolubile sintetizzato principalmente a livello cutaneo in seguito all’esposizione ai raggi ultravioletti di tipo B (UVB). La crescente diffusione dell’uso delle creme solari, motivata dal bisogno di rallentare l’invecchiamento della pelle e prevenire le neoplasie, ha sollevato il dubbio se questa abitudine possa limitare significativamente la produzione endogena di vitamina D.

Sintesi e ruolo fisiologico della vitamina D

L’esposizione della pelle alla radiazione UVB induce la conversione del 7-deidrocolesterolo a previtamina D3, che si isomerizza poi a vitamina D3 (colecalciferolo). Questa, attraverso due idrossilazioni (epatica e renale), diventa calcitriolo, la forma biologicamente attiva. Circa l’80–90% del fabbisogno corporeo di vitamina D deriva da questa via, mentre la quota rimanente proviene da fonti alimentari o supplementi.

La vitamina D regola l’omeostasi del calcio e del fosforo, favorendo l’assorbimento intestinale e il metabolismo osseo; per questo è chiamata anche vitamina antirachitica. Inoltre, esercita effetti immunomodulatori e antiproliferativi, con potenziali implicazioni nella prevenzione di malattie autoimmuni, cardiovascolari e tumorali.

Filtri solari: meccanismo e implicazioni

I filtri solari, sia fisici che chimici, agiscono attenuando l’intensità dei raggi UVB che raggiungono l’epidermide. Teoricamente, questo potrebbe ridurre la capacità cutanea di produrre vitamina D, in particolare quando i prodotti sono applicati secondo le specifiche standard (2 mg/cm²) e in modo omogeneo.

Studi in condizioni controllate

Numerosi studi in vitro e in vivo condotti in condizioni sperimentali controllate hanno evidenziato una marcata riduzione della produzione di vitamina D in seguito all’applicazione di filtri solari con SPF ≥30. In particolare, è stato osservato che uno strato uniforme di filtro SPF 30 può ridurre la sintesi di vitamina D fino al 95–98%. Tuttavia, questi risultati riflettono scenari ideali, raramente replicati nella pratica quotidiana, dove l’applicazione è spesso insufficiente o non omogenea.

Osservazioni nella vita reale

Diversi studi osservazionali condotti su popolazioni esposte a radiazioni solari in contesti reali mostrano che l’uso routinario di filtri solari non comporta una riduzione clinicamente significativa dei livelli sierici di 25(OH)D, il principale marker dello stato vitaminico. Un esempio emblematico è uno studio condotto durante una vacanza estiva in cui, nonostante l’applicazione regolare di SPF 15, i partecipanti mostravano un incremento nei livelli di vitamina D.
Una revisione sistematica pubblicata nel 2025 ha confermato questi dati, concludendo che l’impatto dei filtri solari sullo stato vitaminico è trascurabile nella pratica clinica.

Come bilanciare protezione solare e vitamina D

Per conciliare la necessità di proteggere la pelle e mantenere adeguati livelli di vitamina D, ecco alcuni consigli pratici:

  1. esposizione consapevole: bastano 10-15 minuti di esposizione al sole di viso, braccia e gambe, 2-3 volte a settimana, per favorire la sintesi di vitamina D nella maggior parte delle persone;

  2. evitare l’esposizione nelle ore centrali (11:00 -15:00) per ridurre il rischio di danni cutanei;

  3. valutare l’integrazione con il supporto di un professionista, in caso di carenza;

  4. alimentazione ricca di vitamina D, con cibi come pesce grasso (es. salmone, sarda), latte (non scremato), uova e fegato.

In conclusione, la fotoprotezione rappresenta uno strumento essenziale per la salute della pelle. Tuttavia, più che un uso indiscriminato dei filtri solari, è auspicabile adottare un approccio equilibrato che tenga conto anche di altre necessità fisiologiche, come il mantenimento di adeguati livelli di vitamina D.

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