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INTOLLERANZA AL LATTOSIO: DIAGNOSI E DIETA

L’intolleranza al lattosio è una condizione diffusa a livello globale, ma la sua reale incidenza è spesso sovrastimata a causa di percezioni soggettive non confermate da diagnosi oggettive. Questo articolo intende fornire un inquadramento scientifico completo sulla fisiopatologia dell’intolleranza al lattosio, sulla diagnosi e sulle raccomandazioni dietetiche più efficaci.

Digestione del lattosio

Il lattosio è un disaccaride, formato da glucosio e galattosio, sintetizzato dalle ghiandole mammarie e costituente principale del latte. La sua digestione avviene a livello dell’intestino tenue grazie all’azione dell’enzima lattasi, espresso all’apice dei villi intestinali. In condizioni fisiologiche, la lattasi scinde il lattosio nei due monosaccaridi, che vengono successivamente assorbiti dalla mucosa intestinale.

Ipolattasia: cause e tipologie

Quando l’attività della lattasi è insufficiente, si parla di ipolattasia, che può essere:

  • primaria: legata a una regolazione genetica che prevede il declino dell’espressione della lattasi dopo lo svezzamento;

  • congenita: rara condizione autosomica recessiva con deficit totale dell’enzima fin dalla nascita;

  • secondaria: transitoria, conseguente a danni della mucosa intestinale per patologie infiammatorie, infettive o trattamenti farmacologici.

L’ipolattasia primaria mostra una distribuzione etnica marcata: fino al 100% in alcune popolazioni asiatiche e solo il 2-15% nei nord-europei. In Italia, la prevalenza varia dal 40% al 70% nel Sud. Il genotipo associato alla persistenza dell’attività lattasica (TT) è verosimilmente emerso come vantaggio evolutivo in concomitanza con la diffusione dell’allevamento di animali da latte, circa 10.000 anni fa, offrendo ai portatori un’importante risorsa nutrizionale nei periodi di carestia o ridotta disponibilità alimentare.

Malassorbimento vs intolleranza al lattosio

Il malassorbimento del lattosio si verifica quando la quantità di lattasi intestinale è insufficiente a digerire il lattosio ingerito (ipolattasia). Il disaccaride non idrolizzato raggiunge il colon, dove la flora batterica lo fermenta producendo gas, acidi grassi a catena corta (SCFA) e acqua. Questo processo induce un effetto osmotico e irritativo locale, alla base dei sintomi gastrointestinali tipici dell’intolleranza: meteorismo, dolore addominale, diarrea e flatulenza.

È fondamentale sottolineare che malassorbimento e intolleranza non sono sinonimi: solo il 30-50% dei soggetti con malassorbimento manifesta sintomi clinici e possono essere considerati intolleranti al lattosio. La soglia di tolleranza al lattosio dipende da fattori quantitativi (lattasi residua, dose ingerita) e qualitativi (motilità intestinale, composizione del microbiota, sensibilità viscerale, fattori psicologici). La maggioranza degli ipolattasici può arrivare a tollerare fino a una/due tazze di latte vaccino. Questi fattori possono variare nel tempo, per cui la condizione di intolleranza può non essere stabile nel tempo. 

Diagnosi dell'intolleranza al lattosio

Il Breath Test all’idrogeno (o test del respiro) è il metodo diagnostico di riferimento per il malassorbimento di lattosio, in quanto misura l’idrogeno espirato derivante dalla fermentazione del lattosio non assorbito. Il test consiste nella somministrazione di 20 g di lattosio, sotto forma di 400 ml di latte, seguita dalla rilevazione periodica dei livelli di idrogeno (H₂) nell’aria espirata, con prelievi effettuati ogni 30 minuti fino a un massimo di 7 ore.  La positività al test del respiro è semplicemente indicativa di malassorbimento di lattosio, ma la concomitanza con i sintomi gastro-intestinali suggersce una condizione di intolleranza.

Recentemente viene proposto anche un test che rivela l’assetto genetico e, quindi, un’eventuale predisposizione del paziente. Questa analisi, per quanto utile, non può avere lo stesso valore diagnostico del test del respiro in quanto non evidenzia le condizioni secondarie (transitorie).

Dieta per chi è intollerante al lattosio

Essere intolleranti al lattosio non vuol dire dover eliminare del tutto i derivati del latte. Anzi, questa strategia è sconsigliata a chi non si assicura una valida fonte alternativa di calcio.

Un approccio dietetico razionale dovrebbe includere:

  • consumo di formaggi stagionati, naturalmente privi o poveri di lattosio;

  • utilizzo di latte delattosato e, in generale, prodotti indicati in etichetta come “senza lattosio” (ovvero con con contenuto di lattosio inferiore allo 0,1%);

  • consumo di yogurt, generalmente ben tollerato grazie alla presenza di β-galattosidasi di origine batterica e alla sua azione rallentante sul transito gastrico;

  • impiego di lattasi esogena, disponibile in compresse o gocce, in situazioni specifiche o in caso di ingestione occasionale di alimenti contenenti lattosio.

Inoltre, come già detto, la tolleranza al lattosio può essere migliorata. In particolare, può aiutare frazionare le fonti di lattosio durante la giornata e accompagnarle con alimenti solidi per rallentare lo svuotamento gastrico.
Attenzione, però, a non confondere l’intolleranza al lattosio con l’allegia al latte, che è di tutt’altra natura e richiede la totale esclusione di latte e qualsiasi suo derivato.
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