
SINDROME DELL'INTESTINO IRRITABILE E DIETA LOW FODMAP
La sindrome dell’intestino irritabile (SII), detta anche sindrome del colon irritabile, è un disturbo cronico molto diffuso che può compromettere in modo significativo la qualità della vita di chi ne soffre. In questo articolo vedremo in modo semplice e completo cos’è la SII, da cosa può dipendere, come si può trattare e in cosa consiste la nota dieta low-FODMAP.
Cos’è la sindrome dell’intestino irritabile?
La sindrome dell’intestino irritabile è una condizione cronica definita come un disturbo dell’interazione intestino-cervello. Secondo i criteri internazionali di Roma IV, si caratterizza principalmente per:
dolore addominale ricorrente, legato all’evacuazione o accompagnato da cambiamenti nella frequenza o nella consistenza delle feci;
sintomi associati come gonfiore, distensione addominale, meteorismo, urgenza evacuativa e talvolta presenza di muco nelle feci;
- frequenti sintomi extraintestinali (ad es. facile affaticabilità, fibromialgia, disturbi del sonno, cefalea cronica).
Esistono diverse forme di SII:
IBS-C: con predominanza di stipsi;
IBS-D: con predominanza di diarrea;
IBS-M: forma mista, con alternanza tra stipsi e diarrea;
IBS-U: non classificata.
Le cause della sindrome dell’intestino irritabile
La causa esatta della sindrome dell’intestino irritabile non è ancora completamente chiara, ma si tratta di una condizione multifattoriale.
Fattori fisio-patologici
iper-sensibilità viscerale: aumenta la percezione del dolore, indipendentemente dalle alterazioni della normale quantità di gas prodotto durante la digestione;
alterazioni della motilità intestinale con transito rallentato (stipsi) o accelerato (diarrea), spesso a fasi alterne;
disbiosi: squilibri nella flora intestinale, con riduzione dei batteri benefici e aumento di quelli proinfiammatori;
infiammazione lieve e permeabilità intestinale aumentata (il cosiddetto “leaky gut”);
intolleranze alimentari: in particolare al lattosio e ai FODMAP;
SIBO (sovracrescita batterica dell’intestino tenue);
malassorbimento degli acidi biliari, che può causare diarrea.
Fattori psico-sociali
Diversi studi hanno dimostrato una forte correlazione tra disturbi dell’umore e la SII, tanto che si parla sempre più spesso di asse intestino-cervello, un sistema bidirezionale di comunicazione tra il sistema nervoso centrale e il tratto gastrointestinale.
Tra i fattori psicosociali più rilevanti troviamo:
disturbi d’ansia e depressione;
stress cronico o acuto (il sistema nervoso autonomo, che può influenzare la motilità e la sensibilità intestinale);
eventi traumatici o storie di abusi (fisici, psicologici o sessuali);
personalità e coping emotivo: alcuni studi suggeriscono che tratti di personalità come il perfezionismo, l’ipersensibilità o uno stile di coping evitante possono rendere più difficile la gestione dello stress e dei sintomi gastrointestinali.
Come si cura la sindrome dell’intestino irritabile?
Il trattamento della sindrome dell’intestino irritabile è personalizzato e sintomatico. L’approccio più efficace è spesso multimodale, combinando dieta, farmaci e supporto psicologico.
- Un percorso di educazione alimentare può aiutare il paziente a individuare gli alimenti che peggiorano i sintomi, migliorando la gestione quotidiana del disturbo. In molti casi, i pazienti traggono grande beneficio dalla dieta low-FODMAP, che consiste nel ridurre temporaneamente l’assunzione di determinati carboidrati fermentabili che possono causare gonfiore, gas, dolore e diarrea.
- Oltre alla dieta, possono essere necessari anche dei farmaci, scelti in base al tipo di sintomi predominanti. Per chi soffre principalmente di stipsi (IBS-C), si possono utilizzare lassativi osmotici, oppure farmaci più specifici che aiutano a stimolare il transito intestinale e migliorano la consistenza delle feci. Nei casi in cui prevale la diarrea (IBS-D), sono utili farmaci che riducono la frequenza delle scariche, oppure sequestranti degli acidi biliari. Infine, per il dolore addominale e i fastidi associati, si ricorre spesso agli antispasmodici, che aiutano a rilassare la muscolatura dell’intestino e alleviare i crampi.
- Terapie psicologiche come la terapia cognitivo-comportamentale, la mindfulness e la terapia ipnotica viscerale, sono fortemente raccomandate come parte integrante del trattamento della SII. Queste non agiscono solo sulla psiche, ma aiutano anche a modulare la risposta intestinale, migliorando sensibilmente i sintomi globali.
Cos'è la dieta low FODMAP?
La dieta low FODMAP è una strategia nutrizionale sviluppata per ridurre l’introito di carboidrati fermentabili a catena corta (FODMAP = Fermentable Oligo-, Di-, Monosaccharides And Polyols) che, in molte persone con SII, causano: gonfiore, gas, diarrea e dolore addominale. Non si tratta di sostanze dannose per la popolazione generale, ma molte persone affette da sindrome dell’intestino irritabile (ma non tutte) possono trovare sollievo dalla riduzione di questi composti dalla dieta.
La dieta Low-FODMAP deve avere una durata limitata (non può essere uno stile di vita), e consiste di due fasi:
eliminazione (6–8 settimane) degli alimenti ad alto contenuto di FODMAP;
reintroduzione graduale per identificare quali alimenti sono ben tollerati.
È raccomandato seguirla con il supporto di un professionista, poiché un uso scorretto o prolungato può portare a carenze nutrizionali e alterazioni del microbiota intestinale.
Dove si trovano i FODMAP?
Non c’è un consenso unanime nella comunità scientifica, ma approssimativamente i FODMAP sono associati ai seguenti alimenti:
- fruttosio e polioli → molti frutti, in particolare mele, pere, frutta disidratata, prugne, pesche, albicocche, ciliegie;
- fruttani e galatto-oligosaccaridi → frumento e segale, la maggior parte dei legumi;
- lattosio → latte e derivati (tranne prodotti stagionati e fermentati);
- polioli, fruttani e galatto-oligosaccaridi: verdure come carciofi, funghi, porri, cipolle, cavolfiori, aglio;
- polioli utilizzati come dolcificanti artificiali (xilitolo e mannitolo) → gomme da masticare e altri prodotti “senza zucchero”.